Oggi mi è capitata l’ennesima conferma: i chatbot non sono assistenza, sono un insulto all’intelligenza di chi cerca supporto.
Dovevo verificare una configurazione su un software tra i più diffusi al mondo.
Per curiosità, invece di contattare direttamente il supporto, provo il famoso chatbot.
Prima risposta: “non sono in grado di verificare la configurazione”.
Grazie al …. lo so anch’io che un algoritmo non può capire la complessità di un setup tecnico. E fin qui più o meno mi può stare anche bene,
Allora cambio domanda: “Mi dai il numero di telefono dell’assistenza in Italia?”.
Risposta: “Non ne sono a conoscenza”.
Peccato che sul sito ufficiale ci siano pubblicati tutti i numeri del mondo.
Ecco il punto:
- Un umano mi avrebbe verificato la configurazione.
- Un chatbot invece fa solo perdere tempo e fa sembrare l’azienda più distante, più fredda e meno competente.
Il risultato?
Un cliente frustrato, che perde fiducia.
Un brand che pensa di aver “ottimizzato i costi” e invece ha solo peggiorato il servizio.
La verità è che i chatbot non sono “intelligenza artificiale”, sono un paravento di gomma messo lì per respingere il cliente.
E in un settore delicato come quello dell’hospitality tech, dove un errore di configurazione può costare migliaia di euro, affidare il supporto a un bot è semplicemente degradante.
Il supporto tecnico non è un lusso, è parte integrante del prodotto. Se mi togli quello, mi stai vendendo metà software.

